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A gothic fucked-up romance

Quella che dovrebbe essere la conclusione di questa riflessione, la scrivo qui, di modo che chi vuole evitare spoiler possa fermarsi.

Ho adorato la nuova versione di Intervista col Vampiro. Subito c’è stato qualcosa che mi ha attratto. Certo io e mia moglie siamo il tipico esempio di millenial goth lesbian couple, della serie, come a lei piace spesso ricordare, “la prima cosa che ho notato di te sono i dentini da vampira come i miei”, di quelle che hanno come testata del letto il celebre bacio di Victoria Francés e che, pur stemperandolo negli anni (ma questa è un’altra storia) hanno sempre mantenuto uno stile dark. Non solo perché, come per molte persone della nostra generazione, Interview with the Vampire è stato uno dei capisaldi della cultura lgbtiq+ che diventa pop (credo sia il primo film con personaggi omosessuali che ho visto in tv). L’ho adorata perché mi parlava e allo stesso tempo mi ha fatto male (sono settimane che ci penso) e sono giunta alla conclusione che la novità sta proprio nel modo in cui viene esplorata e rappresentata la relazione tra Louis e Lestat.

Al di là del lato fantastico della storia, la serie è la rappresentazione di una relazione altamente disfunzionale e abusante, che rompe vari schemi. Innanzitutto, è forse la prima volta o una delle prime in cui una relazione LGBTQ+ è indagata nei suoi lati belli, ma anche (soprattutto) in quelli oscuri, senza il solito schema anni Novanta della “storia queer che deve andare a finire male” né senza la “storia bella dove il problema è la società” di molti prodotti più recenti. È una storia che mostra una relazione, come ce ne sono purtroppo tante, dove due persone, pur amandosi vanno male, e mostrano come le dinamiche di potere, abuso e violenza non dipendono dall’orientamento sessuale, ma dal patriarcato dentro e fuori di noi e da come questo informi il nostro presente e il nostro passato. Di più, è un prodotto non di nicchia, non fatto per la community, ma assolutamente mainstream. Forse si comincia a rompere quell’atteggiamento di censura interna, quasi quel tabù, per cui noi persone lgbtiq+, noi attivist* ci sentiamo di censurare certi aspetti negativi delle nostre relazioni per paura di creare un “fuoco amico” che presti un argomento a chi ci vuole diversi, senza diritti… mostruosi, appunto.

C’è un altro elemento. In questa “fucked-up Gothic romance”, come il personaggio di Daniel Molloy definisce la storia tra Louis e Lestat, sconvolgendo il vampiro intervistato, non c’è una vittima assolutamente buona e un carnefice assolutamente cattivo. Ci sono due creature legatissime fra di loro che si fanno continuamente del male, fisico e psicologico, continuando ad amarsi (a volte senza volersi bene) in modo molto profondo, istintivo e irrazionale.

Nella realtà, ne esistono tante di storie così.

Io ne sono stata testimone. Io sono stata in quella orribile situazione.

Chi mi conosce dai tempi di Live journal sa che una delle prime cose che ho pubblicato online era proprio una storia di questo tipo.

Le poche persone che mi conoscono bene sanno che dietro all’invenzione di quei personaggi, c’era una storia vera, che facevo molta più fatica a raccontare. Quella storia era la mia.

Quando le relazioni vanno a male.

(Contiene spoiler, se vi danno noia non leggete oltre).

Uno dei (tanti) punti forti della nuova versione di Intervista col vampiro è che gli autori hanno fatto un lavoro che non è solo un’attualizzazione, ma che potenzia molti dei temi che erano già presenti nei primi tre libri delle Cronache dei vampiri, prima di tutto la relazione omosessuale tra Lestat e Louis. Certo, non è uno stravolgimento, il tema c’è nei libri (che per più di una generazione di persone LGBTQ+ sono uno dei capisaldi della rappresentazione queer) ma in modo molto più tenue, specialmente in Intervista col vampiro (anche se viene usato l’aggettivo gay). Comprensibilmente, dato che il libro è uscito nel ’76, e, essendo un libro mainstream, tratta l’omosessualità e l’omoerotismo in modo che a noi oggi appare troppo implicito; stesso dicasi per il film del ’94, di cui molti elementi sono invecchiati decisamente male, ma in cui il sottotesto omosessuale -e la metafora dell’epidemia di AIDS- era comunque abbastanza chiara a un occhio attento.

Ma questa prima stagione esplora la relazione tra i due protagonisti (e poi tra i due protagonisti e Claudia), rendendola il centro della serie in modo esplicito (anche se ho apprezzato tantissimo che la regia, come poteva capitare e capita in altre serie gotiche, delle scene di sesso non è mai volgare né eccessiva, ma anzi spesso mescola erotismo e comicità). Ed è una relazione completamente disfunzionale, fino all’epilogo che ben conosciamo.

La storia è nota: un vampiro potente, terribilmente egocentrato e crudele seduce e trasforma un giovane mortale, che è incapace di accettare il dono dell’immortalità (the Dark Gift). Fin qui, niente di originale rispetto ad altre storie di vampiri. Ma Louis ha delle caratteristiche che non lo definiscono come un personaggio buono: è un tenutario di bordello, è violento, è alcolista. Certo è anche una persona sensibile, che subisce un’oppressione razzistica sistemica in quanto POC (la linea temporale è spostata in avanti agli inizi del XX secolo, ma questo non influisce), che ha relazioni tormentate con alcuni membri della famiglia ed è omosessuale (represso e in the closet). La morte del fratello acuisce il suo senso di disperazione e lo fa avvicinare ancora di più all’immortale che lo corteggia, fino alla decisione di accettare di diventare un vampiro. Lestat ha scelto il mortale Louis non solo per un capriccio (cioè perché gli piace), ma perché pensa che il “dark gift” possa essere una forma di riscatto sociale (se non altro perché sottrae Louis al mondo dei mortali, la cui morale sembra a Lestat ridicola). La serie tv mette subito in evidenza che tra Lestat e Louis c’è una fortissima attrazione sessuale e romantica, ma altrettanto presto comprendiamo che la coppia non funziona (e non può funzionare).

Lo spettatore testimonia atteggiamenti che sono potenti segnali d’allarme fin da subito: Lestat è ansioso nei confronti del compagno, geloso, spesso inopportuno nei comportamenti fino a diventare violento. Ma dal canto suo Louis è spesso passivo-aggressivo, testardo, continua a non accettare la propria diversità dal mondo, ma invece di lottare o di utilizzare il suo essere creatura immortale per riscattarsi, indugia in comportamenti che lo rendono ancora più nevrotico e a cercare rifugio nell’alcool.

Dinamiche di potere

Una delle innovazioni più interessanti della serie è che il racconto del rapporto tra Lestat e Louis è un’indagine sulle dinamiche di potere all’interno di una coppia e sull’intersezionalità delle oppressioni (di orientamento, di razza, di classe e ricchezza, di cultura, di lingua; per analizzare tutti questi aspetti ci vorrebbe un libro intero).

Louis è il personaggio più fragile della coppia, perché è una persona di colore in uno stato razzista, è gay in una società omofobica, è insomma marginalizzato. Inoltre, pur avendo i suoi affari, è indubbio che il bread-winner della coppia sia Lestat, che dispone di una ricchezza pressoché infinita (alla cui origine non mi pare che in questa stagione sia fatto cenno, ma chi ha letto i libri sa che è connessa alle origini vampiresche di Lestat).

Lestat, per contro, è portatore di un privilegio in quanto vampiro e quindi fuori dalle regole della società umana.

Il primo problema della coppia è proprio questo: Louis, una volta diventato vampiro, non riesce a rinunciare alla propria vita umana, non c’è il cambiamento che Lestat aveva voluto per lui (tutt* abbiamo avuto un partner in the closet e in generale sappiamo bene, magari per un amore adolescenziale, che instaurare una relazione sulla base del “ti cambierò/ti salverò” vuole dire che le cose andranno a finire male). E questo genera nel vampiro più anziano una frustrazione e un risentimento che cresceranno fino alla fine della serie. Perché rifiutando la sua natura di vampiro come qualcosa di innaturale, che invece di liberarlo dall’etica umana lo rende definitivamente un mostro, Louis non sta giudicando solo se stesso, ma anche Lestat. E questa riflessione nella trama non riguarda solo la natura del vampiro, ma l’orientamento sessuale dei due: più volte nelle puntate c’è un’ambiguità quando si parla di condizione mostruosa o diabolica, che può riferirsi tanto all’essere due succhiasangue quanto all’essere una coppia gay. Da questo punto di vista è interessante osservare due elementi di novità introdotti dalla serie. Il primo è la relazione difficile tra Louis e la propria famiglia, che lo giudica in modo severo e lo esclude, provocando da parte di Louis reazioni molto violente, ma anche aumentando la sua sofferenza. Il secondo è la dinamica nella linea narrativa del 2020 tra Daniel Molloy (il giornalista) e Louis: tutte le volte che Daniel interpreta la relazione tra Louis e Lestat come una banale storia omosessuale, Louis reagisce in malo modo.

La frustrazione e il risentimento di Lestat crescono a dismisura, rendendolo più possessivo e anche più paranoico, sadico e infine violento. O almeno questo è quello che ci viene mostrato da Louis.

Problemi di comunicazione e la conoscenza come privilegio

Secondo motivo per cui una coppia può essere altamente disfunzionale: Louis e Lestat non comunicano. Quando Lestat trasforma Louis in vampiro, perde la capacità di leggere nella sua mente, come i vampiri possono fare con gli umani e con gli altri vampiri che non sono loro legati direttamente. I due sono costretti, dunque, a basare la loro comunicazione usando solo i mezzi disponibili agli umani: il linguaggio verbale e non verbale, le espressioni. Lestat è un pessimo comunicatore, perché è incapace di parlare in modo aperto dei propri sentimenti o di ciò che gli fa male (il suo passato; qui lo spettatore è avvantaggiato solo se conosce il secondo e il terzo libro delle Cronache). Inoltre (ed è una caratteristica comune al personaggio libresco e televisivo) spesso il suo linguaggio non verbale non è sincronizzato con quello che vorrebbe dire e appare fuori luogo. Lestat ride in modo inaspettato in situazioni che non hanno nulla di comico, anzi spesso in situazioni anche drammatiche, lui stesso se ne rende conto, ma non riesce a controllarlo (è un riferimento al tema della neurodivergenza?), assomiglia un po’ al Joker di Heath Ledger. Louis non riesce a capire e reagisce come se il comportamento del compagno fosse una provocazione. I due non affrontano mai direttamente l’argomento.

Inoltre, Louis ha un vantaggio su Lestat: è molto acculturato e abile con le parole, più del vecchio vampiro. E proprio con le parole è in grado di ferire e di manipolare. Louis e Lestat parlano prevalentemente in inglese, la lingua madre di Louis (Lestat ha appreso -male, per sua stessa ammissione- l’inglese durante il viaggio dalla Francia al nuovo continente), Louis è un lettore, è colto e non perde occasione per umiliare Lestat, facendolo sentire ignorante e superficiale. Inoltre, attraverso i libri Louis comunica con gli spettatori (in chiave ironica, spesso i suoi riferimenti letterari sono un commento alla narrazione, non a caso nel momento in cui, dopo la morte della madre, Louis non esce più di casa, sta leggendo Madame Bovary).

Lestat, dal canto suo, possiede una vasta conoscenza sulla natura dei vampiri e i loro poteri, che tiene, però, accuratamente nascosta agli altri membri della famiglia: è un modo di controllarli e quindi di esercitare una forma di dominio su di loro? Oppure è un tentativo di proteggerli? Non ci viene data una risposta.

Il tema della comunicazione diventa un tema chiave nella seconda parte della serie, con la comparsa di Claudia: Louis, sapendo che Lestat non può leggere né la sua mente né quella della figlia, ne approfitta per instaurare con quest’ultima una complicità che esclude il terzo vampiro (e sarà lo strumento attraverso il quale padre e figlia pianificheranno il vampiricidio). C’è però un dettaglio che entrambi non hanno capito e non conoscono: la differenza tra pensiero telepatico e comunicazione senza voce (nei libri, mi sembra sia spiegato in Memnoch il diavolo). Se Louis o Claudia pensano qualcosa, possono leggere l’uno nella mente dell’altra, escludendo Lestat, ma se parlano senza usare la voce, Lestat può sentirli.

Il punto di vista di chi?

Anche lo spettatore è catturato all’interno di una dinamica in cui la comunicazione non è mai trasparente. Anche chi non conosce la specularità dei primi due libri delle Cronache può accorgersi con un po’ di attenzione che quello che ci viene raccontato non è sempre affidabile. Innanzitutto, ci sono le due versioni date dallo stesso narratore: quella passata, a cui ogni tanto Daniel fa riferimento, e quella attuale. Poi c’è il punto di vista del giornalista stesso, che molto spesso sfida il suo intervistato, cogliendo le contraddizioni del racconto o commentando in maniera sarcastica per costringere Louis a prendere posizioni, ottenendo in cambio o di indisporre Louis o la reticenza. Reticenza che è parte integrante del racconto: spesso la voce dell’intervistato nella linea temporale contemporanea interrompe il dialogo nella linea temporanea del passato (di solito quando il dialogo potrebbe portare lo spettatore a scoprire qualcosa di più proprio su Lestat). Lo spettatore attento sa, quindi, che Louis non è un narratore verso cui la fiducia può essere totale, né sappiamo perché (è davvero una sorta di sindrome di Stoccolma nei confronti di Lestat? È in qualche modo ancora innamorato di lui? La storia che ci sta raccontando è vera?). Ad aggiungere ulteriore confusione, Bashir fa leggere a Daniel i diari segreti di Claudia (anche qui bravi gli autori a cogliere uno spunto interessante dal terzo libro delle Cronache). Da quel momento in poi alla narrazione di Louis si somma il punto di vista di Claudia. Ma Claudia è una vampira eterna adolescente, che spesso vede le cose in bianco e nero. Siamo sicuri che la sua voce sia affidabile e tutto quello che racconta nei diari sia oggettivo?

Claudia o come educare una adolescente vampira.

È una storia che conosciamo tutti: coppia in crisi fa un figlio nella speranza di rimanere insieme. Che, per vederla come Daniel, è esattamente quello che tentano di fare Louis e Lestat con Claudia. O che meglio Louis costringe Lestat a fare, nonostante la riluttanza di lui (è una delle tante testimonianze della serie in cui si evince che Lestat forse non è solo il Cattivo della storia). Proprio le circostanze della creazione vampiresca della ragazza, fanno sì che tra Lestat e Claudia non ci sia alcun legame profondo (lui sembra a tratti subirla, a tratti sopportarla per amore di Louis), come invece Lestat ha con Louis.

In questa versione Claudia non è una bambina, ma è un’adolescente, per di più nera. Siamo sempre agli inizi del Novecento, quindi questa famiglia arcobaleno ante-litteram deve necessariamente presentarsi al mondo come altro: Claudia per gli altri è la figlia di Louis, mentre Lestat è una sorta di zio/patrigno.

Perché Louis non crea direttamente la vampira per salvare l’umana Claudia, delle cui sofferenze si sente responsabile? Questo è il primo nodo contraddittorio della storia, ma ce ne sono altri.

Louis si intesta la paternità della ragazza vampiro, ne diventa la figura affettiva di riferimento, ma la sua educazione è quasi per intero, almeno nella prima parte, a carico del vampiro più anziano, a cui Claudia, che da subito mostra di accettare la sua condizione e di farsi pochi problemi a cedere agli istinti, assomiglia molto di più di Louis. Educare un figlio è un’impresa complessa, soprattutto durante l’adolescenza: immaginate affrontare un’adolescente eterna

Si crea così un triangolo di gelosie: Louis vorrebbe che Claudia fosse come lui, fosse una figlia che come lui rimpiange la propria umanità e ha con lei un rapporto stretto e spesso esclusivo, è geloso e preoccupato per lei come un genitore umano, soffre nei momenti in cui Lestat e Claudia si avvicinano. Lestat, fin dal primo momento, è geloso del rapporto tra Louis e Claudia ed entra in competizione con quest’ultima per l’amore di Louis (Louis stesso comincia a usare Claudia come motivo per sublimare la propria sessualità).

Anche sull’educazione (all’essere crudele e senza freni, ma anche a rendere la propria salvezza e quella del nucleo familiare una priorità), i due genitori si scontrano in modo feroce: Lestat è spesso crudele e sadico (qui il punto di vista che ci viene offerto è quella di Claudia), irrispettoso e feroce fino all’abuso; ma Louis è altrettanto ambiguo: le sue critiche alle azioni di Lestat arrivano sempre troppo tardi e a volte quasi più come pretesto per litigare col compagno.

Ho l’impressione che il regista si sia divertito in questo caso anche a giocare con gli stereotipi di genere: a un certo punto siamo portati a vedere Louis come la donna madre e succube, Lestat come il marito maschilista e violento, ma poi questi ruoli vengono continuamente contraddetti. E Claudia, che agli occhi di Louis è una ragazzina fragile e la cui femminilità e delicatezza sono da proteggere, che non deve conoscere il sesso, quasi fosse una bambola (simbolo che ritorna nei libri), in realtà si rivela a sua volta forte, violenta e sadica (anche la decisione di uccidere Lestat non è solo una forma di vendetta verso il padre-padrone, ma qualcosa che le dà soddisfazione e piacere).

Sesso e violenza

Come ogni storia sui vampiri che si rispetti, la serie non lesina sulle due componenti, ma lo fa in modo sapiente, erotico senza essere triviale, violento e tragico senza scadere nel sadismo gratuito. Spesso viene utilizzato il registro dell’ironia per alleggerire episodi che altrimenti sarebbero insopportabili. Una scelta secondo me che dimostra l’alta qualità della produzione, se comparata per esempio ad altri prodotti contemporanei (mi è venuto in mente subito il parallelo con Sabrina).

La figura del vampiro ha fin dall’origine una connotazione sessuale e in generale la sessualità è parte integrante di tutte le figure dell’oscuro. I vampiri di Anne Rice non fanno certo eccezione, anche se non abbondano nei libri scene particolarmente implicite e molto è lasciato alla fantasia del lettore.

In questa versione (complice il mezzo differente, oltre che i tempi cambiati) il sesso è rappresentato esplicitamente: è proprio attraverso questo che comprendiamo come la relazione tra i due protagonisti è qualcosa di ben più forte, intimo e intricato di tutte le altre relazioni presenti, siano esse di natura sessuale (Lestat e Antoinette) o meno. Un sesso che è esagerato, sporco, ovviamente sanguinolento, ma che è sempre inteso come manifestazione d’amore, in modo molto realistico.

Il rovescio della medaglia è la violenza, che acquista un significato ulteriore rispetto al binomio eros-thanatos sui cui anche le storie di vampiri si basano. Come ho detto prima, in una climax che porta all’episodio conclusivo, Lestat e Louis si fanno sempre più del male a vicenda, finché, nella scena per me più disturbante di tutta la serie, Lestat decide di far precipitare Louis nel vuoto, dopo averlo a sorpresa trasportato oltre le nuvole (Louis non sa e non si è mai accorto che i poteri di Lestat sono molto più grandi di quelli che il vampiro anziano gli ha mostrato, benché in tutta le puntate precedenti ci siano vari indizi).

Lestat in quel momento vuole fare del male a Louis, è consapevole che non lo ucciderà (non è così che muoiono i vampiri), ma sa che gli farà molto male. Ma la rabbia cieca e l’impulsività (che è una caratteristica del personaggio) fortificano la sua decisione. In quel momento Lestat si trasforma veramente nel mostro che è, anche se chi guarda, per la questione del punto di vista che spiegavo sopra, analizza la scena con un’etica tutta umana, spera che non succeda per davvero, empatizza con Louis (e con Claudia, che assiste alla scena). Subito dopo, però, Lestat si pente e torna umano, cercando di riconquistare il compagno (e la figlia) che lo ha cacciato di casa. È una scena potente, non solo perché ci ricorda che il mostro può essere dentro ognuno di noi, ma perché qui non c’è nessuna narrazione rassicurante, il mostro non agisce solo perché sadico. Agisce proprio partendo dall’amore.

La violenza ci sembra esagerata e mostruosa vedendola con la nostra umanità, ma se la caliamo nel contesto, ci porta a riflettere su tutti quei gesti violenti, magari episodici, che tutti noi almeno una volta nella vita abbiamo compiuto verso le persone a noi più care. Il mostro -il patriarcato- è dentro di noi, essere non eterosessual* o cercare di combattere l’eteronormatività non ci libera mai del tutto, non possiamo permetterci di abbassare la soglia dell’attenzione.

Insomma, quella che potrebbe essere una storia, legittima e interessante, di violenza domestica, è in realtà qualcosa di molto più complesso.

Yet each man kills the thing he loves…

L’ultimo episodio di questa stagione taglia, con una scelta molto azzeccata, il primo libro delle Cronache a metà, finendo con il (tentato) vampiricidio. Ma anche qui l’azione cardine del libro è resa più elaborata: il piano di Claudia e Louis per uccidere Lestat è particolarmente complesso, mostrando come per l’adolescente vampira la morte di Lestat non è solo un farsi giustizia, ma una vera e propria vendetta da gustare. Louis, come sempre, è tormentato dalla decisione, tanto che Claudia ricorre a un vero e proprio ricatto morale, quello di scegliere fra lei e Lestat (anche qui con una certa ambiguità: è solo la forza della relazione genitore-figlia? Claudia è in qualche modo attratta da Louis?). Louis sembra scegliere Claudia, ma anche qui la sua determinazione vacilla, perché è ancora innamorato di Lestat e perché, ancora prima di ucciderlo, Louis si sente in colpa. Di nuovo in questo caso il gioco delle relazioni è inquietante e ben strutturato: Claudia uccide senza pietà Antoinette e (crede di) aver ucciso Lestat, mostrando anche lei la sua natura mostruosa; Lestat, dal canto suo, ha intercettato i piani dei due, ma non riesce (o forse non vuole? Non si capisce quanto, in effetti, autosaboti il proprio piano) a fermarli e chi conosce la storia sa che Lestat perdonerà Louis, Louis, dal canto suo, soffre nel vedere Lestat dissanguato e deciderà di non terminarne la distruzione.

Ci sarebbe qui da analizzare la questione della colpa, che è un altro dei temi portanti della serie televisiva e dei libri, ma rimando a un’altra occasione; se non l’avete vista, però, cercatevi la serie e speriamo che sia trasmessa anche in Italia.

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