La creatività è un gesto politico.
È un atto di ribellione e di resistenza a una società che, soprattutto a noi donne, sottrarre il tempo. Ce lo fa sentire come un enorme privilegio. Ma la creatività, l’arte in generale, hanno bisogno del tempo dilatato del comprendere e del sentire.
Per tutto l’anno ho lavorato allo stesso progetto di scrittura (e già concentrarsi su uno solo alla volta per me è uno sforzo enorme,) col pilota automatico (narratologia, arco di trasformazione del personaggio, linguaggio, cataloghi di gesti, di emozioni …la teoria e la pratica abbondano… e grazie, è uno dei miei interessi assorbenti da prima che imparassi a leggere) nei ritagli di tempo fra un lavoro sempre più pressante (bellissimo, ma faticoso e malpagato) , i doveri familiari (le famiglie non sono solo quelle di padre, madre e figlia, m sto divagando ancora) e mantenere le relazioni davvero importanti e quel minimo di cura di sé e dei propri limiti.
E no, non è un problema solo mio. È questo sistema capitalista e la sua società che ti strangolano e che fanno ricadere la colpa sull’individuo “non performante” e non conforme.
Quindi ora mi sono ripresa il mio tempo. Il tempo di camminare per 12 km con le cuffie antirumore che eruttano Nightwish e Keating, Beethoven e Slipknot, Xandria e Sterling. Il tempo di guardare le onde, i rami, le nuvole cercando di dare una forma comprensibile (per il mondo) a quello che c’è nei miei occhi. E attraverso il tempo tutto torna a posto, smontando e rimontando senza condiscendenza ma comunque con emozione.
E no, non è un privilegio. È una conquista che tutt* dovremmo prenderci, non solo singole Louise Michel, ma insieme.