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Diario di viaggio all’insegna del foufoufou

Premessa dovuta: il mondo fuori fa schifo. Ma schifo davvero. E contro quello schifo, nel mio piccolo, combatto ogni giorno nel mio lavoro, nei miei romanzi e nel mio impegno quotidiano. Ho smesso di parlarne di frequente sui social perché sono stanca delle dinamiche polarizzanti, della complessità che si riduce a schieramenti fra tifosi. Nella vita, però, ho bisogno di altro, abbiamo tutti bisogno anche di qualcosa di bello. Viaggiare per me lo è.

Quest’estate ho cercato di fare proprio questo: provviste di bellezza che spero possano durare per un po’. Le metto qui, per ricordarmene quando sarò arrabbiata, triste e sopraffatta. Lo metto qui perché magari strappo un momento di serenità anche a qualcuno che passa di qui.

Vi racconto qualche pezzo d’estate, dell’ennesimo viaggio a Parigi che ha avuto il sapore speciale del tempo speso bene con le persone che ami, delle parole profonde e dei silenzi sinceri, del conforto di un paio di anfibi che sanno a memoria la forma dei tuoi piedi, del fruscio di mille vite che ti accompagnano. Così nasce questa piccola guida sentimentale a Parigi, la mia città dell’anima, corredata da qualche scatto.

Voglio cominciare da una foto mia e di Margi che non mostra monumenti noti, ma che per me è importantissima.

Recap per chi passa per la prima volta di qui: Margi è mia moglie (dieci anni di matrimonio fatti a giugno) e con lei gestiamo un piccolo progetto di visibilità lesbica.

io e mia moglie abbracciate di fronte all'Opéra comique
io e mia moglie davanti all’Opéra Comique

Non è la nostra foto migliore (a Margi non piace, ma il romanticismo glicemico dei baci è più il suo stile), ma a me piace tantissimo (è diventata lo sfondo del mio cellulare) perché racconta tanto di noi. Di come siamo senza filtri, senza la pressione di doversi conformare, di doversi adattare al mondo fuori, della libertà che puoi avere quando puoi essere davvero te.

Viaggiare è soprattutto questo.

Il mio bisogno di struttura, di certezze, di essere sempre preparata (uno spreadsheet organizzato per mesi con calendario delle attività, indirizzi, consigli…), il mio sforzo per eccellere sempre, il perfezionsimo, la mia perenne faccia inc… accigliata ( che poi è il motivo per cui la prima impressione che ho sempre fatto è di essere altera, superba, fredda, troppo seria, perennemente arrabbiata… no, sono neutra e no, è quando ho il sorriso plastificato in faccia che c’è da preoccuparsi).

Il caos di Margi, la sua capacità di gioire come una bambina, il modo in cui prende il suo spazio nel mondo senza rendere conto a nessuno con un sorriso e un linguaggio non verbale capaci di illuminare anche la stanza più buia. La sua spontaneità. Il desiderio di essere ascoltata, vista, sentita.

Questo scatto mostra bene anche il modo diverso in cui dimostriamo amore (non solo il nostro, ma anche verso la famiglia che ci siamo costruite): io non dimostro affetto con le parole (Margi sì), ma con le azioni . Come intestardirmi fino all’ultimo giorno di viaggio per fare una foto che sapevo le avrebbe fatto piacere, anche se ispirato forse a qualcosa di banale, una serie tv, che però ci ha fatto felici insieme (da brava nerd io indosso la consumatissima maglietta di un’altra serie tv che amiamo molto).

Non vedo proprio differenze tra noi in questa foto…

E questa è un’altra cosa per noi molto importante: fin da subito (prima ancora di stare insieme), abbiamo sempre comunicato così, inventando onomatopee/suoni incomprensibili (foufoufou) al resto del mondo (se a una di noi due non viene una parola, ancora comunichiamo così), copiando versi di canzoni e frasi di serie tv (libri no, perché li divoro solo io).

E visto che abbiamo cominciato con il teatro, direi che finiamo con un po’ di teatro.

Che poi il teatro è uno dei miei leit-motif parigini (legato soprattutto a quella pazientissima amica che mi sopporta da più tempo di mia moglie), ma il perché ve lo racconto alla prossima.

p.s. Il Fantasma dell’Opera, protagonista del musical preferito di Margi, non si è fatto vedere. Mechant!

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